MA C’È UN EMOTICON PER IL “TERREMOTO”?

2017

Istituto Omnicomprensivo De Gasperi – Battaglia di Norcia

Motivazione della giuria

E’ una drammaturgia originale, straordinariamente felice nel quadro generale di un ripensamento necessario della funzione del teatro nella realtà contemporanea.

Il testo che ha come attori gli utilizzatori di WhatsApp nei giorni tragici del terremoto a Norcia, scandisce al suo interno il vissuto come un rosario della fragilità, ma anche un tempo poetico forte, imprevedibile, che arriva dalla trasformazione di una pagina eterea come quella del social in piattaforma creativa di teatro di comunità. Il risultato è una esperienza identitaria, un rito di appartenenza che si sostanzia in teatro e a produrlo sono gli esecutori di verità, gli studenti, ugualmente attori ugualmente spettatori senza più posizione frontale come nello spettacolo in generale. Dinanzi all’esperienza collettiva di perdita e di disorientamento la giovane comunità, proprio in situazione di pericolo, costruisce la lingua di difesa della propria struttura sociale, affettiva.

Non si tratta della lingua nazionale, né del dialetto e della lingua madre, ma della lingua dell’emergenza o lingua sismica. Questa porta in sé, accanto al dolore della separazione di chi la parla, il bisogno estremo del ricongiungimento, utilizza l’alfabeto della fuga per la velocità e l’immediatezza con cui l’atto del messaggiare è possibile all’istante e ovunque. E chissà che questa interpretazione fatta dai giovani di Norcia non ridefinisca il sistema stesso della comunicazione “cellulare” nel nostro tempo.

Il testo, mettendo in ordine cronologico i messaggi della chat compresi gli emoticon, raggiunge il suo apice drammaturgico nella ricognizione dell’esserci. Ogni partecipante ha bisogno di sapere chi c’è ancora nel mondo, come sta il mondo, chi è rimasto nella sua terra, nella sua casa, nella sua scuola. E’ il teatro dei corpi indifesi, dell’impreparazione alla disgregazione, come in tutto il teatro di sempre.

L’uso del messaggio nella sua forma online, breve, succinto, povero ed anche sgrammaticato, non ha ovviamente nella comunicazione quotidiana la potenza narrativa della parola dei messaggeri del teatro greco. Qui invece riemerge in tutta la sua capacità di raccontare e far vedere con gli occhi di chi è stato ed è presente sulla scena dell’evento, il turbamento giovanile e il suo bisogno di scongiurare la solitudine dinanzi alla voragine dell’incognito.

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